l'avventura è ripartita da Vancouver
di Roberto Bertinetti
LONDRA - Tutto esaurito, naturalmente. C’erano quindicimila ragazze e ragazzi a Vancouver per il ritorno in scena delle Spice Girls. Il concerto canadese della band al femminile (al quale ha assistito a sorpresa anche il calciatore David Beckham, marito di Victoria Adams, giunto con un aereo privato dalla Nuova Zelanda dove è impegnato in un torneo con il suo team americano) apre il tour mondiale delle Spice che prevede tappe a Los Angeles, San Jose, New York, Cape Town, Londra, Madrid, Shanghai e Pechino. L’avventura, dunque, riparte. E anche l’enorme business orchestrato dalla Virgin, la casa discografica che alla metà dei Novanta le ha inventate, promuovendo una vera e propria rivoluzione in una pop music ancora per larga parte al maschile.
I manager della Virgin bandirono un severissimo concorso quando decisero di lanciare un gruppo di cinque ragazze per capaci di guadagnarsi le attenzioni delle loro coetanee dell’intero pianeta. Dovevano, naturalmente, avere caratteristiche diverse per catturare il consenso di ogni segmento di pubblico. Così Geri Halliwell diventa “Ginger” per i suoi capelli rosso fuoco, Emma Bunton “Baby” per l’aspetto acqua e sapone, Melanie Brown viene ribattezzata “Scary” perché estroversa e irriverente, Victoria Adam appare perfetta per il ruolo di “Posh” in quanto indossa abiti sempre alla moda e, infine, a Melanie Chisholm è affidato il ruolo di “Sporty” per sua una presunta attitudine alla attività agonistica. Il successo è immediato su entrambe le sponde dell’Atlantico, a dispetto di doti canore decisamente modeste, e in appena pochi anni di carriera delle Spice Girls la Virgin riesce a vendere oltre settanta milione di copie tra album e singoli, realizzando un gigantesco profitto.
La solidità del sodalizio iniziò a incrinarsi nel 1998 a causa di rivalità interne, quando Geri Halliwell decise di abbandonare la band, poi altri dissapori furono all’origine dello scioglimento del gruppo nel 2000. Ora, comunque, sono tornate felicemente insieme (o almeno così dicono) e lo hanno fatto a furor di popolo come è accaduto di recente anche ad altri gruppi che hanno fatto la storia della musica inglese contemporanea: i Genesis, i Police, i Who, i Take That. “Non abbiamo mai perso la chimica, è stato come se non ci fossimo mai allontanate. Ci conosciamo bene e ora siamo più mature. È stato bello oltre che naturale riprendere a cantare insieme”, hanno cinguettato al termine del concerto di Vancouver.
A dispetto delle parole di miele pronunciate di fronte alla stampa internazionale, le loro carriere negli ultimi anni hanno conosciuto fortune alterne e, soprattutto, diverse. Geri, la prima ad andarsene, ha tentato senza successo di proporsi come solista con album che non hanno convinto i critici e gli antichi fan. Melanie Chisholm, dal canto suo, si è vista scaricata dalle case discografiche e ha prodotto l’ultimo disco (“Beautiful Intentions”) a sue spese, mentre Emma ha ottenuto solo qualche modesta parte cinematografica in film dimenticati in fretta e Melanie ha fatto parlare di sé sui giornali specializzati in gossip dopo la causa (vinta la scorsa primavera) per paternità intentata ai danni dell’attore Usa Eddie Murphy. Un tribunale americano le ha infatti dato ragione dopo aver visto che il test del Dna dimostrava che la star hollywoodiana è il padre della sua bambina.
L’unica in questi anni a restare sotto i riflettori è stata Victoria Adams. Non certo per le sue doti canore ma grazie al matrimonio con il calciatore David Beckham. Nella “Cool Britannia” della seconda metà dei Novanta, innamorata di tutto ciò che fa immagine, pronta a credere alle favole costruite a tavolino dai signori della pubblicità, il matrimonio tra le due maggiori star celebrate dai tabloid rappresentava il sogno realizzato degli esperti di marketing e la conferma che lo showbiz (come viene definita dagli esperti la sintesi tra spettacolo e affari) trionfava senza incontrare insuperabili resistenze.
David e Victoria divennero così agli occhi degli inglesi e del mondo, “La Coppia” per antonomasia, quella che Carlo & Diana non riuscirono a diventare, il modello per milioni di “kidult”, uomini e donne che l’anagrafe vuole adulti ma che conservano gusti e credulità da bambini. Tra loro e i fan non c’era alcuna distanza sotto il profilo dei comportamenti e delle abitudini, solo un’abissale differenza di reddito li separava (e continua a separarli) dal pubblico osannante. Lei, poi, non aveva ha proprio nulla di “sofisticato” a dispetto del nomignolo (“Posh”) che si portava dietro dall’epoca dell’esordio canoro, assegnatole solo perché sembrava avere un’aria più “signorile” rispetto alle altre ragazze della band. Che poi “La Coppia”, prima di trasferirsi a Madrid e quindi a Los Angeles, vivesse in una casa, progettata per essere il punto d’incontro tra lo stile Disneyland e il trionfo del Grand Guignol, ribattezzata dai tabloid “Beckingam Palace”, offriva la miglior testimonianza possibile dello strettissimo legame esistente tra il “trash” e quella condizione postmoderna in cui tutto è credibile purché sia ben confezionato dai media.
Adesso l’avventura delle Spice Girls è ripartita, i biglietti dei concerti del loro nuovo tour sono stati venduti sul web in poche decine di secondi. All’epoca del loro esordio David Sinclair, influentissimo critico musicale di Londra le definì “il più grande fenomeno del pop dal tempo dei Sex Pistols”. Ora che i manager delle cinque signore si sono accordati su come dividere i compensi e la Virgin ha deciso ancora una volta di investire su di loro il viaggio riprende. E sarà senza dubbio un successo. Soprattutto in termini economici.
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