L'ordinamento dello Stato

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BeatAurora
00domenica 10 aprile 2005 18:48
Lo stato egiziano aveva una struttura centralizzata e piramidale. La detenzione del potere era ben salda nelle mani del re o faraone. Egli tracciava le linee di condotta del governo o promuoveva le iniziative dello stato, ma demandava gran parte del potere esecutivo al visir, capo di un’amministrazione efficientissima, che scorgiamo già raffigurato nella Tavolozza di Narmer in atto di porgere i sandali al suo signore. Il visir era coadiuvato dai responsabili dei principali settori che costituivano la classe più alta dei funzionari. Essi agivano come delegati del re, fonte vivente del diritto, e ne interpretavano le volontà, irradiandola su tutto il paese attraverso funzionari locali che amministravano la giustizia, l’economia e le finanze, l’agricoltura, la realizzazione delle grandi opere ecc. È sorprendente il senso della gerarchia e del lavoro presente nell’Egitto dei faraoni. I funzionari di ogni ordine e grado rispondevano con fedeltà e sollecitudine ai loro superiori ed esercitavano il potere sui sottoposti con giusto criterio. Il regime sociale dello stato egiziano era fluido, permetteva cioè il ricambio continuo della categoria dirigente o della classe dominante con un afflusso dei più capaci, anche provenienti da classi inferiori. Il ricambio avveniva lentamente, senza rivoluzioni o scosse politiche, per consentire ai nuovi dirigenti di apprendere le capacità e le facoltà dei predecessori

BeatAurora
00domenica 10 aprile 2005 18:49
Il faraone, bilancia del cosmo.

Simbolo e sostegno dello stato era il faraone che, incarnando Maat, la giustizia, garantiva coerenza e felicità al paese; egli era l’intermediario tra il mondo umano e il mondo divino e la certezza della permanenza dell’ordine e dell’armonia del cosmo, che senza il suo intervento sarebbe precipitato nel caos. Con la forza magica che promanava da lui, il faraone assicurava fertilità alla terra, prosperità ai sudditi e forza agli eserciti. La sua autorità era perciò illimitata e indiscussa. Se egli, quale figlio spirituale di Maat, proclamava decreti evidentemente giusti e equilibrati che avevano la forza di decisioni ispirate, al visir, suo braccio secolare, spettava invece il compito di farli rispettare, perchè gli

errori degli uomini non potevano alterare la giustizia divina. Anche l’autorità religiosa, insita nella persona stessa di faraone, veniva demandata alla classe dei sacerdoti, che dal dio-re ricevevano il compito di sostituirlo nella celebrazione dei riti. Dal momento che l’Egitto aveva una grande quantità di dèi, le diverse cerimonie sacre rendevano necessario un gran numero di addetti ai templi che godevano spesso di grandi possedimenti fondiari concessi dal faraone. Tuttavia, tutto il territorio e le ricchezze che esso produceva appartenevano comunque al faraone, che doveva assicurare a tutti i sudditi sussistenza, sicurezza e, possibilmente, benessere perché la Regola di Maat esigeva che reciprocità, solidarietà e responsabilità regolassero anche la vita economica. Egli era il "nutritore"
BeatAurora
00domenica 10 aprile 2005 18:52
I Sacerdoti factotum del dio
I sacerdoti facevano parte dell’apparato burocratico dello stato e avevano una precisa gerarchia. Prestavano servizio un trimestre all’anno e per il resto del tempo si mescolavano alla vita delle città. Rasati, depilati e circoncisi, vestiti di puro lino, tenuti a rifuggire da ogni contatto sessuale durante il servizio al tempio, versati in teologia, gli uomini del clero potevano essere grandi amministratori, primi, secondi, terzi, quarti profeti del dio, ovvero purificatori, scribi, astronomi che fissavano il momento delle cerimonie, specialisti nel riconoscere i giorni fausti o nefasti ed, ancora, cantori, musici d’arpa, di flauto o di tromba. Per le donne vi era un ruolo temporaneo di cantatrici sacre e, nell’epoca tarda, quello di "sposa divina di Amon," o "adoratrice del dio", che toccava a una delle figlie del re, tenuta per questo alla verginità. La sposa divina sedeva sulle ginocchia della statua del dio e adottava come figlia una principessina che le sarebbe poi succeduta. Era, inoltre, circondata da un harem di vergini, che a loro volta diventavano madri adottive delle bambine che le avrebbero, in seguito, sostituite. Oltre alle feste e agli onori, alla "sposa divina" toccavano anche mille ettari di terra, situati in varie parti dell’Alto Egitto e del Delta

BeatAurora
00domenica 10 aprile 2005 18:55
Il visir e gli scribi
Alle dirette dipendenze del faraone stava un primo ministro e consigliere, il Visir, che aveva di fatto la responsabilità di tutto l'apparato amministrativo; ma il nucleo fondamentale della burocrazia era formato dagli scribi
La classe degli scribi, abbastanza numerosa e rispettata, è tipica dell’Egitto perché nessun’altra civiltà antica ebbe un’amministrazione altrettanto articolata. Non tragga in inganno il nome: certo gli scribi avevano frequentato a lungo la scuola per apprendere le complicate scritture egizie ed i meno fortunati tra loro avrebbero passato la vita a scrivere sotto dettatura agli ordini di un funzionario di grado più elevato, ma altri erano investiti di responsabilità più ampie e intervenivano in tutte le sedi della vita associata. Erano presenti negli uffici delle amministrazioni centrali e periferiche, sui campi a compiere misurazioni, a censire il bestiame, o misurare i raccolti, alle frontiere a controllare i traffici e gli stranieri e, dovunque, a riscuotere le imposte. Dalla precisione e dalla competenza del loro lavoro poteva dipendere la sopravvivenza stessa del popolo. Infatti loro compito non era solo quello di censire e calcolare le ricchezze acquisite, ma dovevano prevedere le annate cattive, quando le piene troppo violente o troppo deboli potevano causare carestie, allestendo e mantenendo le scorte. Essi non erano semplicemente i tecnici della scrittura, ma i detentori della cultura in una società prevalentemente orale e illetterata e costituivano il punto di contatto tra due mondi, quello dell'educazione e quello dell'analfabetismo, ed erano quindi degli interlocutori indispensabili per "l'uomo della strada", il contadino costretto a rivolgersi a lui per i diversi obblighi richiesti dal rigido e complesso sistema burocratico dello stato.

Lo scriba aveva l’orgoglio delle proprie mansioni. Con una buona dose di esagerazione, uno di essi lasciò scritto: ‘‘È lo scriba che impone le tasse nell’Alto e nel Basso Egitto ed è lui che le raccoglie; è lui che fa i conti per tutti i vivi. Tutti gli eserciti dipendono da lui. Ed è lui che conduce i magistrati davanti al faraone e regola tutti. È lui che conosce tutto il paese; ogni affare è sotto il suo controllo". Più realisticamente, un papiro enumera così i vantaggi della professione: ‘‘Ti salva dalla fatica, ti protegge da qualsiasi lavoro manuale; ti evita di portare la zappa e il piccone; non devi portare sulla testa un paniere; ti dispensa dal maneggiare il remo. Ti evita ogni tormento". Ed, infine, un insegnante scrive all’allievo: ‘‘Vedi, non c’è alcun lavoro senza un padrone, eccetto quello dello scriba: è il padrone di se stesso. Se impari a scrivere, avrai un lavoro migliore di qualsiasi altro"

BeatAurora
00domenica 10 aprile 2005 18:58
IL Soldato
Leggiamo in un antico papiro: "Vieni, che ti descriva la condizione del soldato, ricca di tormenti. Quando è poco più che un ragazzo, è preso e imprigionato in una caserma. È sottoposto a dure punizioni, messo giù e battuto come un papiro. Vieni, che ti descriva il suo viaggio in Siria e la sua marcia sulle colline. Il suo pane e la sua acqua stanno sulle sue spalle come la soma degli asini; beve acqua putrida e si ferma solo per fare la guardia. Quando arriva alla battaglia è come un uccello spennato e non c’è forza in tutto il suo corpo. Quando torna in Egitto è peggio di un bastone corroso dai vermi: è malato e deve essere trasportato a spalla". È tuttavia difficile che queste descrizioni corrispondano alla realtà: gli scribi tendevano infatti a dimostrare che la carriera militare era socialmente inferiore alla loro e nelle descrizioni che ne fanno non sono né teneri né obiettivi. Ben armati e organizzati, i soldati dovevano condurre una vita piuttosto faticosa e piena di rischi, ma, come testimoniano numerosi documenti (per lo più del Nuovo Regno), potevano contare su ricche ricompense e partecipare alla divisione del bottino di guerra; inoltre, quando si ritiravano dal servizio ottenevano spesso come ricompensa della terra da coltivare. Reclutati dagli scribi, vivevano in caserme dove venivano addestrati alle tecniche di attacco e di difesa, a fabbricare e a mantenere efficienti le armi, a seguire puntigliosamente gli ordini. In guerra l’esito vittorioso dipendeva dalla disciplina e dall’addestramento, perché ogni battaglia si risolveva in grandi scontri in cui lo schieramento e la velocità di manovra potevano avere la meglio sul numero delle truppe avversarie
BeatAurora
00domenica 10 aprile 2005 19:03
Mercanti e Artigiani
La popolazione non dedita all’agricoltura svolgeva lavori artigianali, ma l’artigianato, pur fiorente (oreficeria, ceramica, suppellettili), soddisfaceva in prevalenza la domanda interna, mentre il grande commercio e il commercio con l’estero erano monopolio di stato ed erano gestiti quindi dal faraone. Difficilmente un artigiano poteva dunque permettersi di lavorare in proprio e di solito era alle dipendenze dello stato o del tempio, dai quali riceveva pagamenti in natura (derrate alimentari, vesti, sandali, sale) e servizi di prima necessità (alloggio, utensili e attrezzi di lavoro, cure mediche, sepoltura). Anche se gli artigiani si tramandavano la loro esperienza, i loro segreti e le loro tecniche di padre in figlio, erano soliti accogliere anche apprendisti che non appartenevano al loro ambito familiare. Come si può vedere nella Satira dei Mestieri, i giovani egizi erano liberi di scegliere un lavoro secondo le proprie inclinazioni, anche se li si metteva in guardia contro le difficoltà che li attendevano nei vari mestieri. Fino alla IV dinastia gli artigiani vennero impiegati prevalentemente nella costruzione delle grandi piramidi, ed in seguito durante la V, nei cantieri templari. Erano cavapietre, scalpellini, falegnami, carpentieri, fonditori, scultori, stuccatori, pittori; essi conoscevano i segreti della lavorazione di tutti i tipi di pietra, dal granito, all’arenaria, all’alabastro, e di ogni tipo di legno e di metallo, anche se non ancora del ferro. Con la VI dinastia, però, cessò quasi completamente l’attività edilizia, che per più di due secoli e mezzo aveva impegnato 50 generazioni di artigiani. Raccolti nella capitale e privi di un sistema sociale che assicurasse lavoro e sostentamento, nel 2260 circa, gli artigiani diedero il via a una rivolta sociale, la prima della storia, che contribuì all’indebolimento del potere e all’anarchia del Primo Periodo Intermedio
BeatAurora
00domenica 10 aprile 2005 19:07
I Contadini

I contadini potevano essere lavoratori autonomi oppure soggetti a un proprietario; in questo caso venivano anche ceduti o affittati, ma non perdevano i loro diritti di uomini liberi. Chi era padrone del proprio campicello, sul quale sorgeva anche una modesta dimora, pagava un tributo in natura, debitamente calcolato dagli scribi in base all’estensione,
alla produttività, alla presenza di animali da cortile o da lavoro, di piante da frutto e di canneti. Chi lavorava la proprietà altrui (degli alti funzionari, ma più spesso del faraone e dei templi, che erano i maggiori detentori di proprietà fondiarie), aveva assicurati i bisogni essenziali e l’assistenza quotidiana. I contadini dovevano procurare al paese il frumento per il pane e l’orzo per la birra, le carni per la mensa, il lino per i tessuti, il papiro per le barche o come materiale scrittorio. Avevano a loro disposizione utensili semplici ma efficaci, come la marra, una sorta di zappa corta di legno per rimuovere il terreno, e l’aratro leggero. La fatica del loro lavoro era infatti notevolmente alleviata dalle benefiche inondazioni del Nilo, che lasciava sui campi il limo fertilizzante che non occorreva incidere in profondità. Ma nei mesi in cui il lavoro agricolo poteva essere interrotto i contadini erano obbligati a prestazioni personali nei cantieri delle grandi opere volute dal faraone (canalizzazione, costruzione di templi e piramidi). Autonomi o sottoposti che fossero, i contadini avevano al loro attivo la sicurezza dai pericoli esterni e un’alimentazione un po’ al di sopra dei livelli di sussistenza, la partecipazione ai riti sacri e la speranza di poter migliorare la condizione sociale dei propri figli

[Modificato da BeatAurora 10/04/2005 19.09]

BeatAurora
00domenica 10 aprile 2005 19:13
Gli schiavi


Schiavi o lavoratori in regola?

"Torme di schiavi assetati muovono giganteschi blocchi di pietra e schiene annerite dal sole e piagate dalle fruste si curvano nello sforzo immane; talvolta qualcuno cade sfinito dalla fatica per non rialzarsi mai più, mentre le gigantesche piramidi vengono innalzate lentamente..." Queste immagini, trasmesseci dai giganteschi affreschi "storici", dai colossal holliwoodiani o dai romanzi popolari ambientati nell’antico Egitto, sono assolutamente false anche se - per ragioni molteplici - hanno resistito a lungo nella nostra cultura. In realtà, i costruttori delle piramidi o dei templi erano operai regolarmente assunti e che percepivano un giusto salario in natura, come tutti gli altri lavoratori, artigiani e contadini che prestavano la loro corvé. La schiavitù, intesa come assenza totale di diritti legali, non esisteva in Egitto, dove tutto nella vita economica doveva svolgersi secondo i concetti di ordine e armonia sociale e di reciprocità e solidarietà. Talvolta poteva succedere che alcuni lavoratori venissero ceduti o affittati dai proprietari terrieri o dai templi, ma si trattava di uomini costretti dall’estrema miseria a uno stato di "servitù" né definitivo né ereditario: essi non furono mai considerati come cose o come macchine. Anche quando, durante il Nuovo Regno, gli egizi intrapresero guerre di conquista, i prigionieri catturati venivano presto integrati nella vita economica del paese


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