00 30/07/2008 09:26
La sfida a Google che rispetta la privacy




ROMA (28 luglio) - E' guerra dei motori di ricerca. L'attacco a Google questa volta viene dall'interno. Ex ingegneri della corporation hanno dato il via a Cuil.com che, secondo l'annuncio dei creatori, ha indicizzato 120 miliardi di pagine web sonni tranquilli. Secondo indiscrezioni infatti Google sarebbe arrivato a indicizzare un trilione di url, anche se la catalogazione è ferma a un numero molto più basso perché vengono scartate quelle considerate inutili.

Cuil.com, che si pronuncia "cool", fornisce per ogni pagina risultati meno numerosi rispetto a Google, ma per ogni url offre un sommario e a volte una foto. I risultati, inoltre, vengono organizzati per categorie.

La sfida del mercato. "Cuil" deriva da una parola gaelica che vuol dire "conoscenza". A creare il nuovo motore di ricerca Anna Patterson, ricercatrice che ha lasciato Google nel 2006. Cuil è stato sviluppato insieme al marito Tom Costello e ad altri due ex ingegneri della casa californiana. Il progetto vanta 33 milioni di dollari di finanziamenti, segno che la sfida a Google interessa al mercato, soprattutto dopo il rilascio di altri concorrenti come il motore di ricerca semantica Powerset, recentemente acquisito da Microsoft, e Wikia, fondato da uno dei creatori dell'enciclopedia Wikipedia. Ma Google non resta a guardare e oltre ad essere il più grande motore di ricerca del web proprio qualche giorno fa ha rilasciato Knol, concorrente di Wikipedia.

Il PageRank non è tutto. Tra le linee guida della ricerca, non solo la popolarità delle pagine, ma soprattutto l'attinenza dei contenuti dei siti con le keywords scelte dagli utenti.

Preferenze. Prima di fare una ricerca è possibile seleziona "Safe search", per escludere risultati pornografici. E' possibile anche scegliere l'opzione "Typing Suggestions".

Privacy. A differenza di Google, Cuil.com non registra ogni singolo clic per migliorare la ricerca. Nome dell'utente, suo Ip e cookies non vengono memorizzati. Lo slogan di Cuil.com è infatti "lo storico delle vostre ricerche è il vostro business, non il nostro".


ilmessaggero
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