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Giovani d'oggi..

Ultimo Aggiornamento: 22/06/2005 23:53
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Paolo Crepet, allievo e collaboratore di Franco Basaglia, dopo anni dedicati allo studio e alla ricerca nel campo psichiatrico e prestigiosi incarichi interna-zionali, si occupa ultimamente di questioni e problema-tiche giovanili. Non solo partecipando a congressi e seminari scientifici per addetti ai lavori, ma attraverso la radio, la tv, in incontri meno formali con giovani, insegnanti e genitori, dedica più attenzione alla divulgazione di tematiche impor-tanti come il suicidio o la criminalità giovanile, difficilmente affrontate in luoghi non isti-tuzionali.
I suoi libri hanno riscontrato un ottimo successo di pubblico perché “racconta-no storie con una motivazione didattica”, non dal punto di vista medico e specialistico, ma per raggiungere un ampio spettro di persone. Crepet ritiene “la scrittura una grande possibilità di comunicare, che fa sentire più liberi e privilegiati: per poter parlare senza filtri, senza ipocrisie perché la gente capisce, gli esperti meno”. I giovani, la scuola, il rapporto con gli insegnanti ed i genitori sono le tematiche affrontate nel suo ultimo libro, Non siamo capaci di ascoltarli, che abbiamo voluto approfondire. La vita sociale, la famiglia e il mondo del lavoro hanno subìto profondi cambiamenti negli ultimi decenni e anche la cultura dei giovani, come in ogni genera-zione, ha cercato di adeguarsi ed è inevitabilmente cambiata, afferma lo psichiatra.

Cosa è cambiato nel mondo giovanile oggi?

I giovani di oggi sono più cognitivi e meno emotivi, come se la società odierna li avesse privati delle loro emozioni e soprattutto della capacità di esprimerle. È cambiata soprattutto la capacità di ascolto da parte dei genitori e degli insegnanti: la scuola non ha saputo seguire l’evoluzione della società e non si è adeguata alle nuove esigenze. È rimasta ancorata alla sua struttura e non è cambiata granché.
Nella scuola sono cambiati però gli insegnanti e ciò in termini di una minore capacità all’ascolto e soprattutto di disponibilità a farlo.

Si sente spesso da parte di genitori e insegnanti che siano i giovani ad essere diversi e che sia difficile capirli…
No, io ritengo che il problema dipenda proprio dalla minore capacità di ascolto e disponibilità da parte degli adulti che è causa di un forte disagio nei giovani. Si assiste oggi ad una sorta di arretramento dell’adulto nei confronti dei ragazzi.

Esiste una relazione tra l’abbandono scolastico e il disagio giovanile?

C’è una relazione fondamentale tra l’abbandono degli studi e l’agio, non sono gli studenti meno abbienti e con problemi a lasciare la scuola: quanto più si è ricchi tanto più si abbandonano gli studi.
I giovani vedono oggi l’università per quello che è: come un liceo, nel senso che è diventata un’ulteriore tappa della formazione, non una meta conclusiva, ma un passo intermedio che rimanda ad altro, ad altre tappe ancora più lontane…
L’università al giorno d’oggi ha sempre meno capacità predittive dal punto di vista lavorativo; il mercato è orientato al lavoro interinale….forse un’università interinale potrebbe preparare in maniera adeguata uno studente.
Solo che questo è esattamente il contrario di quello che si sta facendo in Italia. Il bivio davanti al quale ci troviamo è questo: o far andare a lavorare i ragazzi a 23 - 24 anni oppure no; siamo di fronte ad un guado: vorremmo che andassero presto a lavorare ma poi strutturiamo la scuola in modo che prima dei trent’anni non possano concludere gli studi…non si può stare in mezzo, purtroppo.

Quali consigli darebbe agli studenti che devono scegliere un percorso di studio dopo la Scuola Superiore?
Sceglierei l’università per avere una cultura di base. Questo deve essere l’obiettivo dello studente dopo la maturità, considerare l’università come se fosse un liceo per ottenere gli strumenti di base da sfruttare in seguito nel lavoro e nella vita. Vorrei ricordare ai giovani che la cultura è afinalistica, che l’università non dovrebbe essere finalizzata; bisogna saper leggere Proust a diciott’anni così si diventa grandi e non certo dedicandosi solamente all’avviamento professionale, anzi questo è il modo migliore per diventare piccoli.

Un’ultima domanda, è diverso l’approccio allo studio tra ragazze e ragazzi?

Le ragazze sono molto più preparate e più brave, il futuro è loro!

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[Modificato da BeatAurora 07/04/2005 3.00]

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IO sarò anche un pò polemico e senza dubbio non ho la preparazione dell'illustre professore sopra citato ma mi permetto di dissentire in parte da cioò che ho letto e che mi sembra la solita pacottaglia di argomenti triti e ritriti che ogni due per tre ci ammanniscono come sapienza di fatto.
In primo luogo il confronto generazionale c'è sempre stato e non è di sicuro una novità o un esclusiva dell'attuale generazione. Non so voi ma a me è capitato molte volte di sentire commenti poco lusinghieri sulle nuove generazioni da parte dei miei nonni che non si riferivano alla mia generazione ma a quella di mio padre e mia madre. Abbiamo per anni sentito fior di professori americani e non ripeterci le stesse identiche cose, qualcuno si ricorda o ha mai sentito parlare della famosa rivoluzione sessuale?? Bene. Sapete quali erano i commenti della generazione precedente, le stesse identiche frasi e parole che l'attuale generazione riceve da quella stessa che negli anni 60 - 70 era il simbolo della rivoluzione sessuale.
Sono pienamente d'accordo sul fatto che i tempi sono cambiati, provate a pensare il balzo tecnologico che ci ha influenzato da qul giorno del 1969 in cui il primo uomo sbarcò sulla luna fino ai nostr5i giorni. In poco più di 35 anni l'uomo ha fatto un balzo in avanti sotto tutti gli aspetti della nostra vita quotidianache non erano stati nemmeno pensati nei precedenti 17 secoli di storia umana. Logicamente i bambini di oggi si adeguano all'input sensoriale e cognitivo che le nuove tecnologie sono in grado di offrire loro. Sono quindi più svegli più ricettivi ma di certo non hanno perso la loro umanità. Evolvendosi la tecnologia di conseguenza il mercato richiede mano d'opera specializzata e per specializzarsi ovviamente bisogna studiare.
Forse è vero il fatto che la famiglia non supporta più il giovane, vuoi perchè i genitori sono troppo impegnati dal lavoro e dal pensiero di dare ai propri figli un futuro adeguato agli standard imposti dalla società, vuoi anche per l'impatto mediatico di cinema e televisione dove l'importante non è essere ma apparire. Personalmente cercherei di recuperare i rapporti umani che la società tende a soffocare insegnando ai giovani a pensare con la propria testa e a non seguire mai il branco e permettetemi un ultimo sfogo sopprimiamo tutti quei programmi spazzatura tipo Amici della De Filippi o quell'altro programma idiota che ha portato un demente come Costantino a diventare un'icona del nostro modo di vivere.

Losh
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26/05/2005 18:31
 
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Il tuo non é un commento assolutamente polemico, anzi lo trovo molto equilibrato.
Adesso vorrei dire una cosa....I genitori dei genitori dei miei genitori...giá dicevano i tempi sono cambiati...certo che cambiano...ma la domanda é..
Cosa si é fatto o si sta facendo per adeguarsi a questi tempi?

Bella domanda vero?

Non pensate che ci deve essere piú collaborazione sia da parte dei genitori che dei figli?

La differenza generazionale sempre é esistita, ma mai si é cercato di venirci incontro...
Le solite frase retoriche...ahhhhhhhhh ai miei tempi...
I tempi sono cambiati.... ecc....
Hanno mai portato a un cambio?
[SM=x660259]



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29/05/2005 18:41
 
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Beat, non sono mamma lo sai, ma conosco molte mamme della mia età e anche piu giovani.

Credo che le mamme di oggi siano molto diverse dalle nostre, cosi' come i papà, sono molti piu' aperti.

Credo che la maggioranza dei ragazzi oggi abbia un buon dialogo con i propri genitori, mentre "ai nostri tempi" era la minoranza.

Dipende poi che cosa hanno da dirci i giovani a proposito, in che cosa non riescono ad esprimersi, che noi non capiamo.



21/06/2005 20:49
 
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Io credo che ci sará sempre qualcosa che un genitore non capisce, e un figlio che non capisce...i tempi cambiano ma le incomprensioni restano sempre le stesse forse ci sono meno distanze...ma ci sono.

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