a Marina Baranovic[4]
Tu giovane, dalle gambe lunghe!
Col corpo alato così mirabile!
Con quale stento trascini goffamente
Lo spirito, turbato per la malinconia!
Oh, conosco questo incedere dello spirito
Tra vortici della notte e frane nei ghiacci,
E questa voce, che sorda scaturisce
Da vive profondità, note a Dio.
Ricordo le tenebre degli stessi occhi chiari.
Come davanti a te, tacevano tutte le voci,
Quando lei, folleggiando coi versi,
Ci avvampava con la sua sbadatezza.
Come stranamente me la ricordi!
Gli stessi riverberi rosei, dorati,
Madreperlacei sul viso, la pelle di seta,
Lo stesso battito del tepore...
Lo stesso gelo dell'astuzia perfida
E l'ambiguità!... Ma l'ho perdonata!
Ti amo e, attraverso te, Marina,
La visione della tua omonima!