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Usa-Italia, terapia genica per sconfiggere la cecità:

Ultimo Aggiornamento: 29/04/2008 11:02
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quattro pazienti riacquistano parzialmente la vista





ROMA (28 aprile) - Un nuovo passo è stato compiuto verso la sconfitta della cecità ereditaria per mezzo della terapia genica. Due squadre di scienziati statunitensi e italiani stanno infatti sperimentando la chirurgia subretinale, un intervento che consente di iniettare una dose di gene sano nella parte posteriore dell'occhio, per sostituire le cellule malate.

I primi test. I primi test clinici anti-cecità si devono all'Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) per la ricerca di base e al dipartimento di Oftalmologia della Seconda Università di Napoli. Sono stati eseguiti nell'ospedale pediatrico di Philadelphia su tre pazienti italiani, due gemelli di 26 anni di Ragusa e una ragazza di 19 anni di Pavia. Un quarto intervento è già stato eseguito e altri due pazienti sono in lista d'attesa. «Tutti hanno registrato un miglioramento del campo visivo, della sensibilità della retina alla luce - ha spiegato Alberto Auricchio, ricercatore del Tigem e associato dell'Università Federico II di Napoli, coordinatore della parte italiana dello studio - E sono riusciti ad eseguire test di mobilità, fra cui un percorso a ostacoli. Cose prima impossibili».

Uno dei pazienti: ho detto subito sì Nella ricerca la versione sana del gene chiamato Rpe65, introdotta in un virus reso inoffensivo, è stata introdotta nella retina dei pazienti. «Ho detto subito di sì», racconta il «paziente numero due», Tommaso Ferraro, di Ragusa, raccontando il momento in cui i medici gli hanno proposto l'intervento. «Sono stati abbastanza chiari, mi hanno detto i pro e i contro», dice
ancora Tommaso, che ha avuto l'intervento cinque mesi fa. «Sono contento di avere detto di sì. I risultati ci sono, anche se sono pochi, ma partirei adesso per fare l'intervento all'altro occhio».

L'intervento. L'intervento è stato eseguito con l'iniezione nello spazio sottoretinico dell'occhio di un vettore virale contenente la versione sana del gene alterato, che si è inserito stabilmente nella retina e ha prodotto la proteina mancante negli individui malati. Con questa nuova tecnica Stati Uniti e Italia si pongono all'avanguardia nella sperimentazione nel campo della medicina della vista.

La tecnica. Questa tecnica, applicata negli Stati Uniti, a Philadelphia, ha migliorato notevolmente la vista in quattro pazienti (tre dei quali italiani) affetti da una grave forma di cecità ereditaria denominata amaurosi congenita di Leber. Tale patologia è provocata da una mutazione di un gene chiamato RPE65, che controlla la produzione di un enzima responsabile del riciclaggio del retinolo, una sostanza chimica necessaria per catturare la luce. Se il riciclaggio del retinolo non avviene in maniera corretta, le cellule oculari fotosensibili esauriscono le proprie scorte e non svolgono più la loro funzione. I pazienti affetti da questa malattia soffrono di una grave menomazione visiva sin dai primi anni di vita. Attualmente non esistono cure efficaci per questa patologia.

Gli effetti del trattamento. I risultati del trattamento sperimentale sono stati pubblicati oggi dal New England Journal of medicine. In tutti i pazienti sottoposti a questa prima fase dello studio non si sono riscontrati effetti tossici e, ad alcuni mesi di distanza, si sono già potuti osservare miglioramenti significativi della funzionalità visiva. Per esempio, nei pazienti sono migliorate la percezione del campo visivo, la risposta della retina alla luce e la capacità di eseguire alcuni test di mobilità.

I risultati I risultati ci sono stati già a pochi giorni dall'operazione: «il campo visivo si è allargato, si è ridotto il movimento continuo degli occhi tipico di chi ha disturbi di visione e adesso tutti e tre i pazienti sono capaci di fare un percorso a ostacoli», racconta la responsabile della parte clinica dello studio, Francesca Simonelli. Senza dubbio, ha aggiunto, «i risultati sono molto incoraggianti» e che «se si continuerà a lavorare in questa direzione potremo ragionare in futuro sulla reale possibilità di una cura per la cecità».

Gli istituti coinvolti. A portare avanti le ricerche e la sperimentazione il Childen Hospital di Philadelphia, dove sono stati eseguiti gli interventi, l'Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem), il Dipartimento di Oftalmologia della Seconda università degli studi di Napoli e svariati altri istituti di ricerca americani. La parte italiana è stata finanziata da Telethon.

A Roma la presentazione dei risultati. «È stato il primo intervento di questo tipo al mondo per combattere una forma di cecità», ha detto il direttore dell'Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem), Andrea Ballabio, presentando oggi a Roma i risultati pubblicati sulla rivista New England Journal of Medicine. Anche per la presidente della Fondazione Telethon, Susanna Agnelli, si tratta di un'autentica vittoria, perché la sperimentazione fatta finora sugli occhi potrà essere trasferita ad altre malattie.

Le sfide future. Un'altra forma di cecità ereditaria, più diffusa e chiamata malattia di Stargardt, è fra i prossimi bersagli dei ricercatori italiani, accanto a distrofia muscolare di Duchenne, emofilia di tipo A e fibrosi cistica. Un'altra grande speranza per il futuro è che i prossimi interventi possano avvenire in Italia. Questo, ha spiegato Ballabio, finora non è stato possibile per mancanza dei fondi necessari ad avere le attrezzature necessarie, ad esempio per mettere a punto il materiale da iniettare che risponda ai requisiti di purezza richiesti dagli standard internazionali. La
speranza, ha aggiunto, è nella fondazione "Biology for Medicine", emanazione di Telehon e nata con fondi di ministero della Ricerca e Regione Campania.

Occhi bionici. La notizia della terapia genica segue quella, del 22 aprile scorso, sugli interventi, senza precedenti nel Regno Unito, effettuati al Moorfields Eye Hospital di Londra, tramite i quali sono stati impiantati “occhi bionici” in due pazienti ciechi, che hanno riacquistato un uso parziale della vista.



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